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La teoria degli umori di Ippocrate

Se oggi quando abbiamo un po’ di febbre prendiamo un’Aspirina e ci riposiamo, piuttosto che associarla a qualche divinità che ci voglia punire per qualcosa di sbagliato che abbiamo fatto, sicuramente un ringraziamento va a Ippocrate di Kos, acclarato come padre della medicina scientifica moderna.
Di fatti, in un mondo in cui questa pratica faceva rima con filosofia e pratiche miracolose/divine atte ad acquistare la vita eterna, il giovane Ippocrate figlio di Eraclide, medico a sua volta e sostenitore di una discendenza con Asclepio, dio delle pratiche medicinali, diede una svolta al concetto di malessere e di approccio alla medicina in generale.
I suoi primi passi avvennero però per le vie più misteriose della conoscenza, visto che anche lo stesso suo nome, fu scelto per ragioni esoteriche, poiché attribuito a colui che ha il potere di dominare l’animalità, simboleggiata dal cavallo (hippos, “cavallo”); fu introdotto, attraverso i suoi viaggi in Egitto e Libia, ai misteri della medicina egizia detenuti dai sacerdoti e conferiti a lui attraverso un lungo percorso iniziatico.

La base del suo pensiero era la “Vis medicatrix naturae”, ovvero la forza curatrice naturale; il corpo umano, secondo questa teoria, sarebbe animato da una forza vitale tendente per natura a riequilibrare le disarmonie che comporterebbero poi l’insorgere della malattia.
La salute e la sua compromissione dipenderebbero da circostanze insite nella persona, non dagli agenti esterni o interventi divini; perciò, la guarigione avverrà attraverso la stimolazione di questa forza vitale, perché per Ippocrate La natura è il medico delle malattie.
Inventò la “cartella clinica”, cominciò ad occuparsi della patologia del paziente e dell’osservazione di esso, considerandone l’aspetto e la sintomatologia, introducendo concetti come la diagnosi e la prognosi; concetti che oggi sembrano pratiche quasi basilari, al tempo erano una vera e propria illuminazione.

Alla sfera dell’eziologia si può ricollegare una delle sue teorie più studiate, quella degli umori, che
fu uno dei primissimi tentativi di sdoganare la concezione superstiziosa, religiosa e magica della malattia.
Tutto partì dagli studi di Anassimene di Mileto, che introdusse la teoria dei quattro elementi nel pensiero greco, dove Acqua, Aria, Fuoco e Terra costituivano la totalità del mondo; questo concetto ritorna in quasi tutte le cosmogonie, dove dall’equilibrio di questi quattro elementi dipendeva la stabilità cosmica.

Questi furono ripresi da Empedocle, venendo arricchiti da quelli che secondo lui erano delle “radici” attorno a cui questi quattro elementi facevano riferimento: il Fuoco è caldo e secco, l’Acqua fredda e umida, la Terra fredda e secca, l’Aria calda e umida.
L’umidità, sin dal tempo degli Egizi era considerata l’origine della vita e del mondo, dove una delle divinità più antiche, Tefnut, governava le piogge e la rugiada, contrapposta al fratello Shu, che governava l’aria secca.

Anche gli umori riconosciuti nel corpo da Ippocrate erano quattro. Perché questo numero ricorre così spesso?
Nell’antichità rappresentava il modello di un recinto sacro (come un tempio), era il fondamento dei quattro simbolici punti cardinali, ma anche la simmetria dei lati opposti. Se il Cerchio è perfetto, il Quadrato è giusto, recita un adagio. Rappresenta la Terra e la Legge, tutto ciò che è creato.
I quattro fluidi che scorrerebbero nel nostro copro, erano:

  • La Bile Nera, legata alla terra, con proprietà di secchezza e freddo ed ha sede nella milza
  • La Bile Gialla, legata al fuoco, con proprietà di secchezza e caldo ed ha sede nel fegato
  • Sangue, legato all’aria, con qualità di umidità e caldo, che ha sede nel cuore
  • Flegma, legato all’acqua, con qualità di umidità e freddo che si trova nella testa

Mente e corpo erano considerati come un’unica realtà, pertanto quello che si verificava nella mente aveva effetti sull’organismo, e viceversa. Per questo si pensava che il predominio di uno degli umori, generasse un temperamento specifico in una persona. Galeno, medico romano, integrò questa teoria segnalando come lo squilibrio degli umori influenzasse il nostro modo di essere, di sentire, di pensare e di comportarci.
Fu Galeno stesso a tracciare e a supporre l’esistenza di quattro macro-temperamenti derivanti dagli umori governanti. Essi erano:

  • Collerico. Rappresenta chi ha una grande quantità di bile gialla. Ciò dà origine a un temperamento passionale, un’enorme vitalità e la tendenza ad arrabbiarsi facilmente.
  • Sanguigno. In questo caso predomina l’elemento del sangue. Le caratteristiche di questo temperamento sono la sicurezza di sé, l’allegria, l’ottimismo, l’espressività e la socievolezza
  • Flemmatico. Caratterizza chi ha una prevalenza di flegma nell’organismo. Le persone flemmatiche sono riflessive, giuste, tranquille, senza grandi capacità di impegno e un po’ pigre.
  • Caratterizza le persone che nell’organismo presentano una predominanza di bile nera. Hanno un temperamento triste, piuttosto suscettibile e sono portati alle attività artistiche.

Sebbene fu uno spartiacque nella medicina dell’antichità, tutto il processo umorale fu teorizzato sull’osservazione, senza avere un’applicazione scientifica di sorta, di fatti con l’arrivo delle scienze formali, cadde in disuso, ma rimase un riferimento fino al XIX secolo. La teoria umorale ha tuttavia il merito di essere stata il primo vero tentativo di classificare i diversi temperamenti dell’essere umano, riuscendo a cogliere come le emozioni abbiano un riferimento anche fisiologico.
Fu di grande ispirazione sia per i primi psicologici, ma anche per i medici che vennero dopo, aprendo le basi per due delle branche moderne che più cambiarono il ‘900: la medicina e la psicologia.

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