L’Unione Europea ha stanziato dei fondi per accelerare la transizione verde, destinando circa il 40% del totale all’implementazione di riforme strutturali sostenibili, in linea con il Green Deal europeo. Allo stesso tempo, a causa di uno sforzo crescente nel settore privato, prodotti e servizi ecologici sono diventati sempre più disponibili in vari settori del mercato. Tuttavia, questi prodotti sostenibili spesso hanno un costo più elevato, portando a quello che è noto come “premio verde” vale a dire, il costo aggiuntivo che i consumatori sono disposti a pagare per la sostenibilità.
Il premio verde è stato osservato in vari settori, tra cui energia, alimenti, servizi come ristoranti e hotel e, recentemente, su progetti di investimento per la protezione del clima: i cosiddetti green bond che sovente si caratterizzano per rendimenti inferiori rispetto ai loro analoghi non green.
Malgrado la recente crescita di questa tipologia di Bond, molti investitori sono riluttanti ad accettare rendimenti inferiori per sostenere bond con benefici ambientali e/o climatici, spesso a causa della difficoltà nel verificare le rivendicazioni di sostenibilità.
Per affrontare queste preoccupazioni e migliorare la fiducia, sono stati introdotti certificati ed eco-label che coinvolgono la verifica e la garanzia di rivendicazioni di “greenness” da parte di organi di certificazione esterni. Tuttavia, la mancanza di standard comuni per valutare le rivendicazioni ambientali, nonché l’esistenza di molteplici certificazioni ed etichette, possono confondere gli investitori nelle loro decisioni di acquisto.
In un recente studio, Annarita Colasante, Andrea Morone e Piergiuseppe Morone si sono proposti di valutare l’impatto della certificazione sugli investimenti verdi attraverso un esperimento di laboratorio.
L’impostazione sperimentale adottata è stata progettata per emulare le decisioni individuali di investire in obbligazioni verdi in due condizioni: in primo luogo, obbligazioni verdi con un rendimento (in media) inferiore rispetto ai loro equivalenti “marroni”; e in secondo luogo, la fornitura di certificati per verificare la sostenibilità ambientale delle obbligazioni verdi. Gli autori hanno confrontato uno scenario in cui il certificato era fortemente affidabile con uno in cui il certificato mancava di affidabilità.
Il primo risultato interessante riguardava l’effetto significativo della affidabilità del certificato: quando i soggetti ricevevano informazioni affidabili, erano più inclini a investire in obbligazioni verdi. Inoltre, considerando l’atteggiamento nei confronti del rischio, i certificati affidabili attiravano anche soggetti più avversi al rischio, che erano più propensi a investire nell’opzione verde rischiosa.
Gli autori hanno anche misurato l’effetto del greenwashing utilizzando dati raccolti nell’esperimento. I risultati hanno mostrato che i soggetti che si sono imbattuti nel greenwashing hanno perso fiducia nel certificato e successivamente hanno ridotto i loro investimenti in obbligazioni verdi. In sintesi, si evidenzia come la fornitura di informazioni di bassa qualità può confondere le persone, anziché aiutarle a prendere decisioni. Al contrario, le informazioni di alta qualità sono probabilmente in grado di aumentare gli investimenti in opzioni verdi. Ciò implica che la divulgazione di informazioni di alta qualità può contribuire ad alleviare l’incertezza derivante dalle pratiche di greenwashing e, di conseguenza, stimolare gli investimenti in obbligazioni verdi.
In conclusione, gli autori suggeriscono che per incoraggiare gli investimenti in obbligazioni verdi, i responsabili delle politiche dovrebbero promuovere uno schema di certificazione standardizzato supportato da un’istituzione pubblica autorevole, come un governo nazionale.