Nell’articolo “An evaluation of the impact of mitigation policies on health and the economy by managing social distancing during outbreaks” recentemente pubblicato sulla rivista Evaluation and Program Planning, Antonio Lopolito, Rocco Caferra, Andrea Nigri e Piergiuseppe Morone analizzano le diverse strategie per affrontare le emergenze legate ad una crisi pandemica, sulla scorta della recente esperienza legata alla diffusione del COVID-19.
Gli autori propongono una serie di strategie su come i governi possano prendere decisioni su diversa scala con il duplice obiettivo di contenere la diffusione del virus preservando, quanto più possibile, la stabilità sociale ed economica degli individui.
L’analisi si basa su quattro tipi di interventi contenitivi restrittivi di diversa intensità. Si passa da una riduzione casuale delle interazioni sociali a una riduzione drastica, assimilabile alle misure di lockdown vissute all’inizio della pandemia. Seguendo le teorie sulle reti sociali, le strategie intermedie si basano sulla possibilità di aumentare le interazioni sociali rispetto al caso estremo dell’isolamento estremo, valutando l’impatto sia in termini sanitari -considerando la propagazione del virus- sia quello socioeconomico -valutando la possibilità di preservare interazioni sociali e lavorative- migliorando sia lo stato mentale dell’individuo che la produttività a lavoro, come affermato da diversi studi sociologici e psicologici.
L’analisi simulativa proposta si basa sul fatto che vi sono interazioni tra persone infette/non infette che alimentano la propagazione del virus. Durante il periodo di infezione e malattia, gli agenti non contribuiscono al sistema produttivo.
Le diverse strategie che verranno descritte a breve si basano sulla calibrazione dei legami forti e deboli, ovvero dell’aumento o diminuzione delle interazioni all’interno di gruppi chiusi, limitando o aumentando quelle tra i gruppi.
Per quanto riguarda la diffusione del contagio, essa è drasticamente ridotta all’aumentare delle intensità all’interno del gruppo e alla riduzione della grandezza dei gruppi. In maniera opposta, all’aumentare della randomizzazione delle interazioni aumentano le possibilità di contagio.
Per quanto riguarda le interazioni socioeconomiche, è importante che gli agenti non siano infetti e che non abbiano troppe restrizioni in maniera tale da poter garantire la possibilità di preservare le loro interazioni socio-lavorative.
La prima strategia presa in esame dagli autori è quella che favorisce l’aggregazione sociale in comunità. In questo caso, gli individui di un medesimo nucleo interagiscono con gli stessi contatti: in altre parole, due soggetti dovrebbero interagire solo se hanno molti contatti in comune. Questa strategia evita che il virus si diffonda nelle comunità distanti, contenendolo maggiormente nel gruppo di riferimento.
La seconda strategia adottata si basa sul criterio della similarità per preservare le interazioni sociali. Come noto negli studi sociologici, gli individui tendono a relazionarsi con contatti che hanno caratteristiche simili. In questo caso le relazioni sociali sono più aperte rispetto al caso precedente, in quanto se da un lato prevale il criterio di prossimità, dall’altro non viene favorita la creazione di gruppi chiusi. La diffusione del virus è rallentata, ma in misura ridotta rispetto al caso precedente.
La terza strategia individuata dagli autori è quella in cui gli individui scelgono di interagire regolarmente con un piccolo gruppo ristretto di persone e mantengono questa scelta nel tempo. Questa strategia, basata su contatti ripetuti con pochi soggetti, creando le cosiddette bolle sociali che sono difficili da penetrare per un virus e, se un agente all’interno della bolla lo contrae, è difficile per il virus diffondersi al di fuori della bolla. La ripetizione dell’interazione con un gruppo avrà meno impatto sulla diffusione del virus rispetto alla dispersione in diversi gruppi. Questo rappresenta il caso di isolamento sociale estremo, come avvenuto durante il lockdown.
Le tre strategie proposte vengono confrontate con lo scenario di base dove le interazioni sociali sono casuali e vengono ridotti in maniera casuale. Questa è la strategia meno onerose in termini sociali, ma sicuramente più costosa in termini di diffusione del virus.
Gli autori hanno poi analizzato le tre suddette strategie alla luce del loro impatto sulla riduzione della diffusione del virus e, nel contempo, sul loro impatto socioeconomico. Come detto in precedenza, l’impatto si basa sulla possibilità di poter preservare interazioni lavorative, proxy della produttività degli agenti.
Lo scenario in cui non vengono applicate restrizioni, in base alla presente analisi, porta al peggior impatto a breve termine sull’output economico, a causa dell’incremento del numero di lavoratori infetti non disponibili.
La situazione si inverte quando si analizzano la prima e la terza strategia prese in esame che risultano migliori, in termini di tenuta economica, rispetto alla seconda che sembra portare ad una maggiore contrazione economica.
La prima e la terza strategia riducono la diffusione del virus nei cluster locali di agenti, inoltre, gli autori evidenziano come la prima strategia favorisca gli incontri di lavoro rispetto alle altre tipologie di relazioni. Da un lato, questo potrebbe portare a un rischio “locale” più elevato di perdita di produzione, poiché gli agenti facenti parte dello stesso gruppo lavorativo potrebbero facilmente infettarsi a vicenda, ma d’altra parte, questa strategia riduce estremamente la probabilità di diffusione del virus tra gruppi, evitando il rischio “globale” di perdita di produzione.
E’ interessante notare come la prima strategia prevede più interazioni della terza, quindi viene proposta come strategia alternativa a misure estreme che possono ridurre drasticamente il benessere degli agenti in termini socio-economici.
Gli autori sottolineano che comprendere come l’azione individuale influenzi il comportamento di gruppo è cruciale per comprendere i fenomeni sociali e per identificare gli effetti delle politiche. Le relazioni umane giocano un ruolo fondamentale nel perseguire obiettivi sociali e nel determinare la diffusione e il contenimento dei virus.
Gli autori evidenziano un collegamento diretto tra strategie di interazione sociale ed effetti sulla produzione economica e affermano come non si tratti di trovare un compromesso tra le strategie di contenimento del virus e la perdita di output economico, poiché le prime sono necessarie per evitare l’impatto catastrofico della diffusione incontrollata del virus. Tuttavia, nella scelta delle strategie da adottare bisognerà attuate un compromesso operando una scelta funzionale al miglior risultato che contempli, da una parte, la riduzione dei contagi e la tenuta del sistema sanitario, e dall’altra, la tenuta del sistema economico e produttivo, nonché il benessere della popolazione.
In quest’ottica gli autori suggeriscono la possibilità di discutere forme di coordinamento sociale alternative al distanziamento sociale estremo, ai fini di preservare un livello minimo di interazioni sociali, evitando danni significativi alla produttività e al benessere psicologico.